Momentanea sospensione di conformità

Smetti di scrivere quando ti sembra di non avere più nulla da dire, o quando quelle storie che vorresti raccontare una volta scritte ti sembrano tutte noia e banalità.
L'esercizio si basa sulla necessità di andare subito al dunque: è il vantaggio di dover scrivere al contrario, lasciando le digressioni e le inutili introduzioni solo alla fine.

Il cuore del nostro discorso è semplice: cosa vogliamo fare? Cosa vogliamo davvero intendo, al di là degli obiettivi che ci siamo dati nella vita e delle responsabilità che ci siamo costruiti con lo scopo di avere delle certezze a cui aggrapparci?
Qual è l'età in cui dovremmo avere tutte le risposte? Esiste ed è uguale per tutti o alla fine per alcune persone quell'età non esisterà mai?

La risposta ovvia sarebbe la seconda, ma la verità è che quando quell'età non esiste sei nella merda, perchè è molto facile quando gli obiettivi ti appartengono nel profondo, ma se li insegui con tutto quello che hai e che sei perchè speri che così la sicurezza si manifesti all'improvviso nella tua vita, avvolgendoti con la sua calda protezione, finisci per chiuderti in una specie di prigione senza uscita, in cui i bellissimi castelli che hai costruito fanno parte di te senza esserlo veramente. E questo è drammmatico.

Non ci sono finali giusti quando i castelli fanno parte di te, ma non ti appartengono: ti danno quel sollievo momentaneo e drogato da cui dipendi da così tanto tempo da non ricordare nemmeno più se siano reali o il frutto della tua immaginazione e delle tue paure. Se crollano portano con sè l'idea che hai sempre avuto di te stesso, se restano vivrai per sempre senza sapere se quell'idea fosse davvero corrispondente alla realtà di ciò che sei.

E così finisci per riempirti la vita di mille cose: hobby, interessi,vestiti colorati e rossetti rossi, pantaloni pastello e mocassino azzurro mare, lavori secondari che ti dovrebbero far svoltare, lavori principali che sono sempre di più e sempre più belli, perché se l'asticella non va un pochino più in là non c'è il gusto della vittoria, non c'è il pretesto per dire "ce l'ho fatta", ma po il vuoto torna e aggiungi qualcosa che gli dia un po' di senso in più, quando l'unica cosa da fare sarebbe cominciare a togliere.

A togliere un pochino di quelle responsabilità che hai cercato per non deludere mai, per riempire a tua volta il vuoto della vita di qualcun altro, magari proprio delle persone che ami e ti amano, a togliere la superficialità che si nasconde dietro le abitudine comode, dietro la paura di dover tornare indietro e ripartire da zero.
Se sei partito da zero potrebbe essere più facile, perché i compromessi non fanno parte di te, nemmeno quando li hai annusati attratto dalle loro lusinghe, per poi lasciarli per strada.

A togliere dalla tua casa oggetti inutili, come le canzoni che devi ascoltare o il libri che devi leggere, i film che dovresti guardare e i biglietti dei teatri a cui proprio non puoi mancare. Le persone che ti fanno male, anche se sono una parte di te, gli affetti che non ti danno più nulla, perché hai dato così tanto per loro che di quello che eri rimane ben poco.

A togliere le paure e a inseguire quel mal di stomaco che batte e fa star male, ma che ti sta urlando a fatica chi sei diventato.


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Questo estratto  (da Il chilometro lungo, S.G.) verrà pubblicato su Wtpad tra una settimana

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