Joan Mirò: la forza della materia


E' la materia che comanda tutto. Sono contrario a qualsiasi ricerca intellettuale premeditata e morta. Il pittore lavora come il poeta: prima viene la parola, poi il pensiero.

Quando arrivo al MUDEC è questa la prima frase che leggo e penso a quanto fosse folle Mirò. Come se la poesia possa mai essere qualcosa di materico.
Eppure poesia è prima di tutto fare, è il poieo greco che concretizza il gesto, la costruzione, la composizione.

E in effetti gli amici poeti dell'artista negli anni Trenta devono averlo influenzato parecchio, al punto da portarlo alla folle intuizione per cui la pittura, come la poesia, non può essere speculativa, non si può abbassare all'astrattismo di una forma che cerca in qualche modo di abbracciare la materia dell'olio, della tela o delle acqueforti. Con la strafottenza di un bambino, di cui a volte si riappropria dei segni e dei gesti, Joan stravolge il potere trascendentale della pittura che parte dalla forma e assegna tutta la forza creatrice dell'opera alla becera matera.


Che sia un supporto in legno, un'incisione o una comune tela l'arte parte dalla concretezza materica dell'olio o della china, al punto che acquerello e matita hanno lo stesso peso all'interno dell'opera pittorica, semplicemente si fanno paritetiche per raccontare in modo diverso la stessa "storia", che sia una donna, un uccello o il cielo di stelle, non importa.
Materia è la parola che scorre veloce per dar vita a un verso, che solo poi si fa portatore di senso.

Così due oggetti, anche se diversi, quando colpiscono l'artista che li fonde in un uno solo facendoli divenire qualcosa di totalmente nuovo e unico, provocano uno shock poetico, dove di nuovo è il concetto di azione a essere al contempo causa (in quanto gesto creatore) e reazione (in quanto sconvolgimento).



Chiude la mostra la sezione sull'antipittura degli anni Settanta e sul tentativo di Mirò di eliminare ogni illusione. Così l'opera d'arte si autorivela nella sua fragilità, nel suo essere soggetta a corruttibilità. Accanto ai colori sempre più sintetici (i primari con i neri e i bianchi), le tele vengono bruciate e strappate, quasi a voler dichiarare la propria essenza materiale, di cui per

bisogna avere il massimo rispetto, perchè è la materia il punto di partenza. E' lei che detta l'opera, lei che la impone.

Quando esco il mio sguardo non può che tornare al mio amato Burri, alle sue materie, ai suoi sacchi e ai suoi ostaggi e ancora di più è impossibile non pensare a quanto Mirò sia riuscito nella titanica impresa di applicare la tridimensionalità dei materiali della scultura alla bidimensionalità della tela: partire dalla tattilità dei colori, dalla loro pastosità, per svelare la forma che si manifesta in tutta la sua universalità.

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